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Il viandante e il cammino

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Ed eccoti qui seduto ancora

e come vecchio e stanco

                                      nelle movenze d’ambra

che cristallizza il tempo

 

Si parla un po’ di strade

                       di tèrr’appén’aràta

                       di mani d’uomini

                       di piedi che son stanchi

 

nei pugni tuoi bènchiùsi

                                     quello che noi saremo

 

sol sassi e ceneri tu stringi

 

E almeno tu

                   io credo

sassi e ceneri donasti

ed orme nel cammino

                                  senza curarti d’altro

che dell’equivalenza al caso

 

Poi

     quando corta è l’ombra cara

e chiuso anco il silenzio

                                     ecco ti lascio andare

 

                    (o tu sei

                                che lasci me

                     difficile saperlo)

 

fascio di strade ai piedi

ed ali sopra le menti nostre

 

a qual saluto appendersi

                                     è duro immaginare

 

P.S. – Io nemmeno pietre che dican morte, sento d’offrire a questa mia città sì vile…

 

Tratta da "L'armadio cromatico",

2000, Ed. L'Archivio della Memoria, S. Bellino (RO)

 Alberto Rizzi - 28/04/2017 21:14:00 [ leggi altri commenti di Alberto Rizzi » ]

Sorvolo sul livello culturale non del poeta, ma del lettore italiano medio: che in linea di massima, conosce l’esistenza di un solo tipo di accento e non fa alcuna differenza tra pronuncia aperta o chiusa di una vocale; anche perché il lettore italiano medio poco si interessa di poesia...
Tornando serio, Cristiana, uso gli accenti solo nelle parole da me artatamente composte, proprio per togliere ogni eventuale dubbio sulla pronuncia di quelle "nuove" parole. Tutto qui e grazie per lettura e commento.

 Cristiana Fischer - 28/04/2017 18:19:00 [ leggi altri commenti di Cristiana Fischer » ]

Ma, Alberto, ogni poeta ben conosce il ritmo dei propri versi. Perché dunque segnare quegli accenti come se chi legge fosse un incolto?

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